Il “cantiere” del Quarto Stato

Il Quarto Stato e il suo “cantiere”
(1891-1901)

Il Quarto Stato che fu nella mia mente Fiumana prima, quindi Il cammino dei lavoratori, 
fu una delle mie primissime concezioni; fu il pensiero continuato di un decennio (1891-1901)
e non riescii a concretarlo che dopo aver evoluto la mia arte con molto, moltissimo lavoro 
e con altrettanto pensiero 
 minuta di lettera di Pellizza all'amico Matteo Olivero, 28 ottobre 1904
 1 - Ambasciatori della fame (prima idea, 1891), olio su tavoletta, cm 25x37,2, collezione privata

2 – Ambasciatori della fame (1892), olio su tela, cm 51,5×73, collezione privata

3- Paesaggio: Piazza Malaspina a Volpedo (1892), olio su tela, cm 42,8×80,7, collezione privata

4 – Ambasciatori della fame (1893-1894), carb. e gessi su carta marroncino, cm 159,5×198, coll. priv.

5 – Fiumana (bozzetto, 1895), olio su tela, cm 44,2×77,8, collezione privata

6 – Fiumana (prima versione, 1895)

7 – Fiumana (1895-1896), olio su tela, cm 255×438, Milano, Pinacoteca di Brera

8 – Il cammino dei lavoratori (1898), olio su tela, cm 66×116, collezione privata

9 – Il Quarto Stato (1901), olio su tela, cm 293×545, Milano, Galleria d’Arte Moderna

Il Quarto Stato e il suo cantiere
È passato un secolo dal 1901, la data che Giuseppe Pellizza pose su Il Quarto Stato a fissare la conclusione della grande tela iniziata nel 1898, ma che segnava anche il concludersi di un decennio dì appassionati studi e dì continue rielaborazioni su un tema ispirato alle problematiche della società. Le riflessioni del pittore sulla storia contemporanea gli consentirono di passare dalla raffigurazione di episodi di lotta per la rivendicazione di elementari diritti del popolo e dei lavoratori all’affermazione di un progresso lento ma inesorabile dell’intera classe lavoratrice, assurta a protagonista del nuovo secolo. Il quadro – così come quelli che lo avevano preceduto, Ambasciatori della fame e Fiumana e Il cammino dei lavoratori che è il vero e proprio bozzetto del quadro definitivo – era stato concepito e compiuto da Pellizza a Volpedo, lavorando in atelier per l’esecuzione dei grandi cartoni preparatori delle figure singole e dei gruppi, per cui posavano come modelli i compaesani, ma dipingendolo poi all’aperto, portando la grande tela sulla piazzetta Malaspina, dove la sua pittura divisionista poteva sostanziarsi della piena e calda luce estiva. Pellizza invìò Il Quarto Stato nel 1902 alla Quadriennale di Torino, e la capitale del suo Piemonte gli sembrò foriera di buoni auspici. Come ogni pittore, pur affezionato alla sua opera, non desiderava riportarla nel proprio studio e sperava che quella grande tela – per cui non poteva sperare in un acquirente privato – fosse presa in considerazione per gli acquisti ufficiali, della casa reale o del ministero, nella certezza che essa, per forme e contenuti, meritasse una sede ufficiale e pubblica: sarebbe stata una vittoria dell’arte e del popolo. Invece la tela, il cui soggetto generava un certo imbarazzo fra critici benpensanti e potenziali acquirenti, rimase invenduta e non premiata e tornò nello studio di Volpedo, accompagnata solo dalla stima dì qualche amico, come Giovanni Cena, che profetizzò per il quadro una lunga durata nel tempo. La forza dell’opera tuttavia si consolidò a livello popolare e in quest’ambito maturò anche l’acquisto nel 1920 da parte del Comune di Milano, per pubblica sottoscrizione promossa da consiglieri d’area socialista, con la destinazione alla Galleria d’arte moderna del Castello sforzesco. Le qualità artistiche dell’opera sono tornate in primo piano, arricchendo anche la comprensione e l’interpretazione del soggetto, a partire dal 1970 con la Mostra del divisionismo italiano, che ha segnato l’inizio di un iter espositivo sempre più prestigioso sia in Italia (da Milano ad Alessandria, a Torino, a Roma) sia all’estero (da Londra a Washington, a Parigi).

[Testo tratto da “Cent’anni di Quarto Stato”, depliant illustrativo delle manifestazioni del centenario (Volpedo, 2 – 30 settembre 2001)]